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Di recente il presidente degli USA, Donald Trump, ha deciso di uscire dal trattato di Parigi, un accordo nato per contrastare il surriscaldamento globale cercando di ridurre le emissioni di anidride carbonica, uno dei principali e più pericolosi gas serra.
Non solo la maggior parte dei rappresentanti dei Paesi europei si sono schierati contro la decisione del leader americano, ma anche numerosi Stati del paese a stelle e strisce.
L’opinione pubblica si divide: da una parte c’è chi afferma che non ci saranno grossi peggioramenti in quanto il sistema politico ed economico americano si basa sulle dinamiche di mercato, ovvero gli investimenti sulle risorse rinnovabili continueranno finché queste rimarranno redditizie e negli ultimi anni il gas, siccome più economico, ha superato l’utilizzo del carbone come fonte principale di energia; dall’altra c’è chi sostiene che tale scelta impedirà il raggiungimento degli obiettivi su scala mondiale proposti dal trattato, in quanto gli Stati Uniti sono il secondo produttore mondiale di gas serra, con il 15% delle emissioni globali (dati 2015), ed, inoltre, può portare altre nazioni a rallentare il loro impegno nella limitazione delle emissioni.